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Realizzare l'irreale

di Loredana Fasciolo

Quando ci si trova di fronte a un quadro di artisti contemporanei, sono in molti a domandarsi: “che cosa è?”, “Cosa significa?”. Il nostro attaccamento alla realtà ostacola la sua comprensione: si ha bisogno di riconoscervi rassicuranti oggetti a noi familiari e quando non ci si riesce si prova indifferenza, avversione, rifiuto, un senso di spaesamento.

È una cosa simile a quella che accade per i sogni. Non li “capiamo”, ci appaiono come qualcosa di estraneo, anche quando sono una nostra produzione. La psicoanalisi spiega1 come ciò possa accadere: con l’allontanarsi dalla natura e con l’avanzare della civiltà l’uomo ha dovuto abbandonare un linguaggio simbolico-espressivo che gli era proprio ed adottarne uno convenzionale, più razionale, più oggettivo, relegando quello nell’inconscio. Il risultato è che oggi, per dare significato ai sogni, dobbiamo fare uno sforzo di comprensione se non vogliamo ricorrere alla psicoterapia. E per comprendere l’arte contemporanea dobbiamo fare lo stesso sforzo, se non vogliamo fidarci solo di ciò che dicono i critici.

Ciò che accomuna, dunque, arte contemporanea e sogno è il fatto che entrambi si discostano dalla realtà.

L’artista appartiene al suo tempo

Ma quando e perché l’arte si è distaccata dalla realtà?

Per ragioni storiche e ideologiche, nei primi anni del Novecento si è spezzata quell’unità spirituale e culturale caratteristica del secolo precedente e, con essa, quella estetica. Il processo, già partito dalle rivoluzioni nazionali europee intorno al 1848, prosegue, successivamente, con la lacerazione psichica collettiva provocata dalla prima guerra mondiale.

Dalla crisi/rottura di questa unità prende le mosse l’arte d’avanguardia e il pensiero contemporaneo2.

Espressionismo, dadaismo, surrealismo, cubismo, futurismo, raggismo sono solo alcuni dei tantissimi stili che - in una continua ricerca - si susseguono, si intrecciano, si influenzano fino ai giorni nostri e danno luogo a rispettive correnti artistiche, la cui caratteristica principale comune è l’astrattismo: la trasformazione, la geometrizzazione, la frammentazione, la scomposizione, la dissoluzione della figura e della forma. Ad una velocità impressionante si differenziano gli obiettivi, gli strumenti, le materie utilizzate che assumono i più diversi significati.

Alla fine degli anni Cinquanta in America, e poi in Europa, l’arte viene usata come strumento di protesta politica e sociale: nella parodia della pubblicità (A. Warhol) e del processo industriale (M. Vasarely), nella contestazione della mercificazione dell’oggetto artistico (arte povera), nella negazione di ogni intenzione estetica (P. Manzoni); contro l’utilitarismo con gesti simbolici e provocatori, come fa M. Duchamp che pone su un piedistallo un oggetto distolto dal suo contesto di utilizzo; in tutti i casi è presente il tentativo di liberare l’arte dal peso del mondo oggettivo.

  

A questa protesta si uniscono anche gli architetti con proposte d’ambiente: happening - installazioni (in Germania anni negli anni Venti e Trenta - Bauhaus con Walter Gropius) col desiderio di modificare spazi e modi di vita, per riqualificare il paesaggio urbano. Gli artisti, anche se appartenenti alla classe dirigente, il più delle volte se ne distaccano con un aperto atteggiamento di opposizione.

Gli stessi eventi storico-politici e culturali e le teorie di fine ’800 primi ’900  - il progresso scientifico, il materialismo storico, il relativismo, la scoperta dell’inconscio - generano fenomeni tra loro contrastanti: l’esasperazione dell’individualismo, l’atteggiamento di opposizione antiborghese, la fuga dalla realtà che conduce al patologico o all’eccezionale ed ognuno di essi produce sempre nuove teorie/definizioni/ inter- pretazioni dell’arte.

Marx e Engels3 legano l’arte al concetto di classe e di divisione del lavoro, e la fanno rientrare - insieme alle forme giuridiche, politiche, religiose e filosofiche - nella sovrastruttura ideologica: “Sono i mutamenti delle condizioni reali degli uomini (struttura materiale, forze produttive) a determinare mutamenti nelle rappresentazioni artistiche”. Struttura e sovrastruttura si modificano con azioni e reazioni reciproche, non sono però perfettamente parallele: le sovrastrutture non crollano automaticamente al cambiamento della struttura ma permangono più a lungo e questo spiega perché è lento il cambiamento della sensibilità artistica.

La concentrazione esclusiva del talento artistico in alcuni individui e il suo soffocamento nella grande massa è conseguenza della divisione tra lavoro materiale e lavoro intellettuale. È solo “grazie” a questa distinzione che è possibile l’arte. Infatti “in una società comunista non esistono pittori, ma tutt’al più uomini che, tra l’altro, dipingono”.

Sull’arte e le masse ritornerà W. Benjamin con  L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, che, pur partendo da premesse marxiste, sembra poi che se ne allontani. Riprodotta all’infinito grazie ai nuovi mezzi tecnici, l’opera d’arte si può farla sì giungere alle masse, ma a discapito dell’originale che perde così la sua magica “aura”4

Dal concreto all’astratto

È nelle dicotomie di sempre, quelle tra fede e ragione, tra realtà e irrealtà, tra oggettivo e soggettivo, tra natura e cultura, conscio e inconscio, istinto e razionalità, tra il concreto e l’astratto che bisogna collocare l’arte.

Questi conflitti caratterizzano la situazione psichica che cerca espressione nell’arte moderna e contemporanea.

    

Per Freud l’artista non è lontano dalla nevrosi, è un insoddisfatto che si stacca dalla realtà e trasferisce il suo interesse, la sua libido sulle formazioni di desiderio della vita fantastica.

Ciò che salva l’artista dalla nevrosi vera e propria è la sua capacità di elaborare i suoi “sogni ad occhi aperti” in modo che perdano il “patologico” che contengono, di eliminare da essi ciò che è troppo personale e renderli godibili anche per gli altri. Ha cioè la capacità di “lavorare” su se stesso ottenendo ciò che in genere si ottiene dopo una psicoterapia (abreazione, catarsi) rendendo conscio l’inconscio.

La psicoanalisi considera l’arte come sublimazione grazie alla quale gli impulsi inconsci (sessuali e/o aggressivi) vengono desessualizzati e portati a livello preconscio rendendoli accettabili dalla società e comunicabili, comprensibili al fruitore.

La pulsione è detta “sublimata” in quanto deviata verso una nuova meta a cui la società attribuisce valore.

“Sublimazione” evoca il termine di sublime (che dà l’idea dell’elevatezza) e anche il termine usato in chimica con cui s’intende il procedimento che fa passare un corpo direttamente dallo stato solido allo stato gassoso.

Dipingere le idee

Il processo che rende irreale e incomprensibile il sogno avviene inconsciamente (entrano in funzione meccanismi come la censura, lo spostamento, la condensazione...), mentre l’artista contemporaneo si distacca deliberatamente dalla realtà (con l’utilizzo della metafora, il cambio di prospettiva, di ordine, di gerarchia, mettendo in evidenza un particolare secondario...). Così facendo rende inintelligibile il suo prodotto artistico, lo “disumanizza” come direbbe Ortega y Gasset. Quest’ultimo ritiene infatti che la materia prima cui attinge l’artista non necessariamente provenga dall’inconscio ma dalle idee.

Ortega, nel 1920, aveva profetizzato che l’arte sarebbe divenuta incomprensibile alla massa proprio perché “con l’arte contemporanea si è passati dal dipingere le cose al dipingere le idee”5.

Se fino all’Ottocento l’arte consisteva nel rendere soggettivo l’oggettivo, ora l’intento è quello di rendere oggettivo il soggettivo. Si parte da un’idea, da un’immagine della vita interiore e la si rappresenta.

Per comprenderla si deve produrre perciò un mutamento nella sensibilità collettiva e nell’atteggiamento fondamentale dinanzi alla vita.

Periodicamente nella storia sopravviene una certa avversione per le immagini, per la forma viva e anche “nell’arte contemporanea opera un sentimento iconoclasta”. Il non figurativo la domina. Si ha desiderio/necessità di voltare le spalle alla realtà che ci ingabbia e ci opprime ed è proprio l’arte che salva l’uomo dalla serietà della vita. “L’oggetto artistico è artistico solo in quanto non sia reale”. Questa, che potrebbe apparire come una volontà di annientamento dell’arte stessa, per una miracolosa dialettica, diviene la sua conservazione e il suo trionfo.

Per apprezzare l’arte - secondo Ortega - occorre sensibilità artistica, non sensibilità umana (che è “troppo umana”).

L’arte dionisiaca

Poiché ogni epoca storica mantiene in tutte le sue manifestazioni una compatta solidarietà, ciò che accade nella pittura accade contemporaneamente nelle altre espressioni artistiche. Così possiamo dire che la conversione dal soggettivo all’oggettivo e il “passaggio” alla pittura contemporanea può corrispondere, in poesia, a Mallarmé; in musica a Debussy, ecc.

Nietzsche6, che considera l’arte la più alta tra le espressioni dell’uomo, le attribuisce una funzione di mediazione e redenzione.

È proprio attraverso l’arte che la contrapposizione tra gli impulsi artistici, rappresentati da Apollo e Dioniso, può essere superata. 

L’apollineo è la percezione delle immagini interiori della bellezza, della misura e di sentimenti armonicamente disciplinati, è uno stato di introspezione, di contemplazione rivolta verso l’interno, verso il mondo del sogno. Per poter esprimersi, l’apollineo ha bisogno dello spirito dionisiaco che è, al contrario, una fiumana di sensazioni magmatiche, è la forza creatrice vitale. Esso, che dipende dallo stimolo esterno, tende all’estroversione dei sentimenti e si avvivina allo stato di ebbrezza.

“Lo sviluppo dell’arte è legato alla duplicità dell’apollineo e del dionisiaco”. Ma se l’apollineo dà luogo più che altro alla scultura e all’arte figurativa, il dionisiaco appartiene soprattutto alla musica e a tutte le arti astratte. La tragedia greca, massima espressione artistica - per Nietzsche -, si colloca al perfetto equilibrio tra questi due principi.

La parola agli artisti

Dopo questo discorso - per forza di cose incompleto, lacunoso, limitato (non si è parlato di Kant, di Schiller, di Lucács, di Adorno...) e forse arbitrario - abbiamo solo capito che se non è unitaria l’arte non può essere univoca la definizione, la critica, l’interpretazione di essa e che ognuna delle teorie presentate contiene in sé una parte di verità che ci aiuta a meglio comprenderla.

Note

  1.  E. Fromm, Il linguaggio dimenticato, Einaudi 2000;  Freud, Il disagio della civiltà, Einaudi 2000
  2.  M. De Micheli, Le avanguardie artistiche del Novecento, Feltrinelli 2003
  3.  K. Marx – F. Engels, Scritti sull’arte, Laterza 1974
  4.  Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi 2000
  5.  J. Ortega y Gasset, La disumanizzazione dell’arte, Lerici 1980
  6.  F. Nietzsche, La nascita della tragedia, Adelphi 1982


Ti auguro la felicità di fare quello che fai nel migliore dei modi. Di correre il rischio di tentare, di correre il rischio di donare, di correre il rischio di amare (Pam Brown) - L’uomo rimane importante non pertchè lascia qualcosa di sé, ma perché agisce e gode, e induce gli altri ad agire e godere (Goethe) - Non saltando, ma a lenti passi si superano le montagne (San Gregorio Magno) - L’aquila vola sola, i corvi a schiera; lo sciocco ha bisogno di compagnia, il saggio di solitudine (Johann Ruckert) - non c’è gioia nel possesso di un bene se non viene condiviso (Seneca)