Ricordo di Sebastiano Salgado, tra i grandi fotografi contemporanei,
le sue immagini hanno raccontato il nostro tempo con lirismo e verità.
Sebastiano Salgato
Addio al fotografo documentarista dallo sguardo umanista
Tra i più grandi fotografi documentaristi contemporanei, celebre per le sue immagini in bianco e nero che raccontano con intensità epica le condizioni umane e ambientali del nostro tempo, Sebastiao Salgado è morto a 81 anni. A diffondere la notizia è stato l’Instituto Terra, che aveva fondato insieme alla moglie, Lélia Deluiz Wanick Salgado, che però non ha fornito altri particolari sulle circostanze della morte.
“Ha seminato speranza dove c’era devastazione e ha dato vita alla convinzione che il ripristino ambientale è anche un profondo atto d’amore per l’umanità.
Il suo obiettivo rivelava il mondo e le sue contraddizioni; la sua vita, il potere dell’azione trasformativa”, si legge sul sito. “In questo momento di lutto, esprimiamo la nostra più sentita solidarietà a Lélia, ai suoi figli Juliano e Rodrigo, ai suoi nipoti Flávio e Nara e a tutti i familiari e gli amici che ora condividono il dolore per questa immensa perdita”.
Nato ad Aimorés, nello Stato di Minas Gerais in Brasile, nel 1944, Sebastião Salgado si formò in economia, ha studiato a San Paolo e successivamente ha conseguito un dottorato a Parigi. Si è avvicinato alla fotografia solo nei primi anni Settanta, durante una missione di lavoro in Africa per conto dell’Organizzazione Internazionale del Caffè.
L’impatto visivo e umano di quel viaggio segna l’inizio di una radicale trasformazione: nel 1973 abbandona la carriera economica per dedicarsi completamente alla fotografia. Dopo aver collaborato con agenzie come Sygma, Gamma e Magnum Photos, nel 1994 fonda con la moglie Lélia Wanick Salgado la casa editrice Amazonas Images, con l’intento di gestire in autonomia i propri progetti a lungo termine.
Le sue immagini in bianco e nero, potenti e liriche, sono riconoscibili per il loro rigore compositivo e l’approccio umanista. Salgado ha documentato con rara intensità le condizioni di vita e di lavoro di intere comunità umane, spesso marginalizzate: dai lavoratori manuali in Workers (1993) ai flussi migratori globali in Migrations (2000), fino all’epica e sconvolgente testimonianza di Exodus (2000). In ciascun progetto, Salgado combina la forza narrativa del reportage con una poetica che si avvicina alla pittura storica.
Sebastião Salgado, Workers: An Archeology of the Industrial Age (book and photograph), 1993 Sebastião Salgado. Exodus. In cammino sulle strade delle migrazioni Fondazione Pistoia Musei in collaborazione con Contrasto e Pistoia – Dialoghi sull’uomo. Pistoia, Palazzo Buontalenti / Antico Palazzo dei Vescovi, 2020.
Tra il 2004 e il 2013 ha lavorato a Genesis, una vasta indagine fotografica dedicata alla natura incontaminata, alle popolazioni indigene e agli ecosistemi ancora intatti del pianeta. Questo lavoro segna un punto di svolta anche personale: dopo anni trascorsi a documentare la sofferenza e la distruzione, Salgado si dedica a una fotografia che celebra la bellezza primordiale della Terra. In parallelo, con Lélia Wanick Salgado ha intrapreso un imponente progetto di riforestazione della fazenda di famiglia in Brasile, culminato nella creazione dell’Instituto Terra, un modello internazionale di rigenerazione ambientale.
Le sue opere sono state esposte nei più importanti musei del mondo, dal MoMA di New York alla Tate Modern di Londra, e pubblicate in volumi fotografici divenuti fondamentali nella storia della fotografia contemporanea. Il documentario Il sale della terra (2014), diretto da Wim Wenders e dal figlio Juliano Ribeiro Salgado, ha raccontato la sua vita e il suo lavoro, ricevendo il Premio Speciale della Giuria a Cannes e una nomination agli Oscar.
Penisola di Yamal, Siberia, 2011 © Sebastião Salgado/Amazonas Images/Contrasto Sebastião Salgado in una scena del documentario Il sale della Terra (The Salt of the Earth), 2014