#227 - 28 settembre 2018
AAAAA ATTENZIONE - Cari lettori, questo numero rester in rete fino alla mezzanotte di mercoledi 30 aprile quando lascer il posto al n 363 - BUONA LETTURA A TUTTI - Ora ecco per voi un po' di SATIRA - Nasciamo nudi, umidicci ed affamati. Poi le cose peggiorano - Chi non s ridere non è una persona seria (P. Caruso) - l'amore la risposta ma mentre aspettate la risposta, il sesso pu suggerire delle ottime domande (W. Allen) - Ci sono persone che si sposano per un colpo di fulmine ed altre che rimangono single per un colpo di genio - Un giorno senza una risata un giorno sprecato C. Chaplin) - "Il tempo aggiusta ogni cosa" Si sbrigasse non sono mica immortale! (F. Collettini) - Non muoverti, voglio dimenticarti proprio come sei (H. Youngman) - La differenza tra genialit e stupidit che la genialit ha i suoi limiti (A. Einstein). -
Religione

In occasione della canonizzazione 14 ottobre 2018

Il mio Papa Papa Paolo VI

Un ricordo di

Nicola Bruni

Quella storica mattina del 21 giugno 1963, mentre il Conclave dei cardinali, riunito in Vaticano, stava per eleggere il successore di Giovanni XXIII, io sostenni l’esame di Storia moderna nella facoltà di Lettere della “Sapienza”. Subito dopo, corsi in Piazza San Pietro. E vi arrivai in tempo per assistere alla fumata bianca dell’avvenuta elezione che, alle ore 11,22, cominciò a uscire dal comignolo della Cappella Sistina. Un’ora più tardi, partecipai all’acclamazione popolare del nuovo papa Paolo VI, Giovanni Battista Montini, e ricevetti la sua prima benedizione.

Il mio Papa Papa Paolo VIIl mio Papa Papa Paolo VI

Ero in Piazza del Colosseo la sera del 6 gennaio 1964, quando la città di Roma tributò un’accoglienza trionfale a Montini, tornato dal suo viaggio di tre giorni in Terra Santa. Per la prima volta un papa aveva viaggiato in aereo, aveva varcato i confini dell’Europa, aveva visitato il Santo Sepolcro e - cosa più importante - aveva incontrato e abbracciato il patriarca di Costantinopoli, Atenagora, sancendo la riconciliazione dopo nove secoli tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa e dando inizio al dialogo ecumenico per l’unità dei cristiani.

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Seguii con passione lo svolgersi del Concilio Vaticano II, riaperto, guidato e portato a compimento da Paolo VI tra il 1963 e il 1965. E apprezzai molto le innovazioni successivamente da lui introdotte nella liturgia, in applicazione delle delibere conciliari: la Messa in italiano (e nelle altre lingue nazionali), non più in latino; l’inversione dell’altare, con il celebrante rivolto all’assemblea anziché al tabernacolo; l’introduzione della Messa vespertina e di quella vespertina prefestiva, valida per il giorno dopo; la riduzione del digiuno eucaristico a un’ora prima, invece che dalla mezzanotte.

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Nel 1967 fui coinvolto emotivamente dalla lettura della sua enciclica “Populorum progressio”, che estendeva ai popoli e agli Stati l’imperativo morale di aiutare chi versa in condizioni di bisogno: “I popoli della fame - scriveva Paolo VI - interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell'opulenza. La Chiesa trasale davanti a questo grido d'angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello”.

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Ne parlai, come insegnante, ai miei studenti, e per alcuni anni presi parte ad iniziative di solidarietà internazionale promosse dal circolo romano dei Giovani per il Terzo Mondo e dal movimento Mani Tese, che si richiamavano idealmente a quell’enciclica. Con loro, il 9 maggio del 1971 (avevo 29 anni), contribuii a organizzare una Marcia internazionale per lo sviluppo, contro la fame nel mondo, che vide sfilare oltre centomila giovani per le vie di Roma, su un percorso di 25 chilometri, fino a riempire il Circo Massimo. In testa al lunghissimo corteo, innalzavamo uno striscione con lo slogan lanciato da Paolo VI per la Giornata mondiale della pace da lui istituita: “Ogni uomo è mio fratello”.

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